Sono uno scrittore estremista? Beh, lo spero proprio.
Spero di essere uno di quelli che convince la gente a tornare a riflettere sulle cose quotidiane. Alcuni miei romanzi sono stati molto estremi.
Crash è stato, per tanti versi, un romanzo terroristico. Come una bomba in un caffè.
Credo che lo scrittore cerchi in qualche modo di cambiare il mondo.
È un’idea senza speranza, ma vale la pena provarci.

Credo che sia stato il surrealismo ad esercitare la maggiore influenza sulla mia identità di scrittore.
Sono sempre rimasto affascinato dai grandi pittori surrealisti: a partire da De Chirico, all’inizio del secolo, fino a Salvador Dalì, Max Ernst, Magritte.
Mi sembra che i surrealisti abbiano descritto il paesaggio interiore del mondo che noi tutti portiamo nelle nostre teste … la mia principale fonte di ispirazione è stata una combinazione tra la scienza del mondo esterno e il surrealismo del mondo interno.

Alle volte penso che tutti i miei testi non siano altro che il lavoro sostitutivo di un pittore irrealizzato.

L’interesse per le arti visive rimase una costante nella carriera di Ballard. Il surrealismo continuò ad essere il suo primo grande amore.
Il critico Chris Hall riconosce dei parallelismi tra le visioni oniriche delle rovine nei racconti catastrofici di Ballard – piste d’atterraggio abbandonate, campi d’addestramento in disuso, cisterne prosciugate, città deserte – e le strane spiagge di Tanguy, le foreste e le paludi silenziose, gli scenari segnati dalle intemperie e i contorti detriti post-apocalittici di Max Ernst.

Alla fine, con L’Impero del sole (Empire of the Sun, 1984), Ballard rivela la fonte biografica della sua immaginazione: l’esperienza di Shanghai durante la seconda guerra mondiale vissuta attraverso i suoi occhi di bambino.
L’invasione della città da parte dei giapponesi si manifestò nella completa trasformazione di ogni cosa, nella totale imprevedibilità a cui lui stesso, retrospettivamente, attribuì la dimensione estetica di un gigantesco paesaggio surrealista portato alla vita da forze storiche globali.
C’è un senso di violenza primordiale che ribolle nelle profondità della fredda precisione clinica della prosa di Ballard.
È come se la Terra – a dire il vero l’intero cosmo – fosse un paesaggio traumatizzato.
Simon Reynold

La mia intera carriera di scrittore di fantascienza riguardava lo spazio interno, lo spazio psicologico. Mi sembrava che i cambiamenti importanti di questo pianeta stessero accadendo nella mente delle persone.
Ciò̀ che stava trasformando le persone non era tanto la tecnologia – o meglio, non era tanto la tecnologia dei viaggi nello spazio. Era piuttosto ciò̀ che io chiamo la tecnologia invisibile delle nuove industrie dei computer, della televisione, dell’intero panorama mediatico.

 

Scendere in profondità fino all’inconscio!
Salvador Dalì tenne una conferenza alcuni anni fa a Londra, indossando lo scafandro da palombaro.
L’operaio mandato a ispezionare la tuta per l’immersione chiese a Dalì quanto si proponesse di scendere in profondità, e con un gesto svolazzante il maestro esclamò:
“Fino all’inconscio!”, al che l’operaio rispose saggiamente: “Temo che non potremo scendere così in profondità!”.
Cinque minuti dopo, a quanto si dice, Dalì quasi stava soffocando all’interno dello scafandro.
È quella tuta per lo spazio interiore che è ancora necessaria e spetta alla fantascienza costruirla!
James G. Ballard

In primo luogo, penso che la fantascienza debba voltare le spalle allo spazio, ai viaggi interstellari, alle forme di vita extraterrestri, alle guerre galattiche e alla sovrapposizione di queste idee.
Mi sono spesso chiesto perché la fantascienza mostri così poco dell’entusiasmo sperimentale che ha caratterizzato la pittura, la musica e il cinema negli ultimi quattro o cinque decenni, in particolare perché sono diventati completamente speculativi, sempre più interessati alla creazione di nuovi stati d’animo, nuovi livelli di consapevolezza, alla costruzione di nuovi simboli e linguaggi dove il vecchio smette di essere valido.
Allo stesso modo, penso che la fantascienza debba abbandonare le sue attuali forme narrative e trame.
I più grandi sviluppi nell’immediato futuro avranno luogo, non sulla Luna o su Marte, ma sulla Terra, ed è lo spazio interiore, non quello esterno, che deve essere esplorato. L’unico pianeta veramente alieno è la Terra.
James G. Ballard

Non penso ci siano volute eccezionali capacità profetiche per indovinare cosa sarebbe accaduto nello svolgersi degli anni Sessanta e Settanta; potevo vedere tutte quelle tendenze che stavano accadendo nella società: una cultura dell’intrattenimento che prosperava sulla violenza e sul sensazionalismo, popolazioni urbane e suburbane sradicate, con nient’altro da fare che giocare con le proprie fantasie psicopatiche. La tecnologia moderna, sia nella forma di un’autovettura, di un’autostrada o di edifici multipiano, fece uscire dalle persone la loro peggior natura.

Non sono mancati nella vita di Ballard motivi di grande sofferenza psichica: la precoce separazione dei genitori in una città straniera, l’internamento nel campo di concentramento di Lunghua/Shanghai in piena adolescenza tra il 1942 e il 1945, con la precoce esposizione alla tortura e alla morte; il ritorno in una Londra ridotta in macerie dopo la guerra; l’intrapresa degli studi medici con l’intenzione di fare lo psichiatra e loro interruzione dopo le esperienze in sala settoria; l’arruolamento nella RAF all’epoca della guerra fredda, un periodo nel quale poté conoscere alcuni esperimenti di deprivazione sensoriale; la morte improvvisa della moglie per polmonite, durante una vacanza in Spagna, dalla quale lo scrittore tornò con i tre figli piccoli che poi ha cresciuto da solo; il pauroso incidente stradale cui andò incontro dopo aver scritto Crash; l’autoisolamento in un sobborgo londinese, Shepperton, dove ha vissuto fino alla morte.
Ad un occhio profano, figurarsi ad un occhio psichiatrico, questi sono eventi che contribuiscono a capire la familiarità di Ballard con quella condizione che lui chiama in molteplici occasioni, ma soprattutto in La mostra delle atrocità, “morte dell’affetto” o “del sentimento” (death of the affect).
La morte dell’affetto, questa condizione di isolamento e di distacco dalla realtà, di sospensione di ogni rapporto emotivo col reale, costituisce l’humus, l’umore di fondo su cui si sviluppa tutta la letteratura di Ballard.

Ma Ballard non considera la morte dell’affetto solo come una condizione individuale: nell’introduzione a Crash la ritiene la caratteristica del XX secolo, l’esatto opposto del romanticismo del secolo precedente: questi mali della psiche sono finora culminati nella perdita più atroce del secolo: la morte del sentimento. La morte degli affetti si può dunque considerare la tonalità di fondo, la cifra stilistica, che, mitigata da una sovrastruttura sarcastica, rende l’opera di Ballard unica.

Sia Ballard a Shanghai e, successivamente, come pilota di aerei militari, che il Freud degli anni ‘20, hanno conosciuto la realtà della guerra e dei disturbi post-traumatici e questo forse li ha influenzati nel giudizio sulla natura umana.
La visione ballardiana degli uomini è fortemente pessimistica e cupa. Lo è anche nelle ultime opere che in qualche modo profetizzano ciò che sta accadendo adesso: il terrorismo individualistico e una paradossale fede religiosa verso gli oggetti del consumismo.
Ballard insegna ad osservare i comportamenti degli uomini e delle donne, e soprattutto i fenomeni antropologici e sociali, in modo assolutamente innovativo.
Il suo sguardo è sempre spiazzante, non corrotto suoi condizionamenti di massa, la creazione di nuove identità e nuovi valori pagani, il suo totalitarismo mascherato, risultano impietose.
Ballard non è mai scontato, a volte solo ripetitivo. L’altro aspetto fondamentale della narrativa di Ballard è però anche la sottile ironia, che attenua i toni tragici: l’autoironia del saggio che ammonisce ma non si prende troppo sul serio, si limita a immaginare, sogghignando, situazioni estreme, ipotetiche, non impossibili, con la consapevolezza che la letteratura è solo uno specchio deformante di una realtà che in effetti è già beffarda per conto suo e spesso supera la fiction.
Di quello che accade oggi Ballard certamente non sarebbe contento, ma sicuramente lo accoglierebbe con la consapevolezza sarcastica di chi lo aveva previsto.

Riccardo Dalle Luche