Culicchia

Io credo di essere un narratore e cerco di fare al meglio il mio lavoro, che è raccontare storie. Poi le storie vivono nella testa di chi le legge, e non so che cosa accada loro. Quello che mi interessa è scrivere con i miei libri un ritratto antropologico degli italiani. Riuscirci è un altro paio di maniche, naturalmente.

Da ragazzo ma anche più tardi ho amato alla follia gli americani, Hemingway, Fitzgerald, Bukowski, Carver.
Poi li ho traditi con amori altrettanto forti: Thomas Bernhard, Knut Hamsun,
Alfred Doblin. E poi i grandi russi, Tolstoj e Dostoevskij.
E tipi poco raccomandabili, come Irvine Welsh o Michel Houellebecq.

La bambina

Questa storia è la storia di Ada. È una storia con la s minuscola, di quelle che vengono schiacciate dalla Storia con la S maiuscola. La storia di una figlia che non doveva piangere e che vent’anni dopo essere diventata madre ha pianto fino a morirne. Questa storia è la storia di Ada Tibaldi, nata a Nole Canavese il 16 giugno 1933 e morta a Sesto San Giovanni il 20 gennaio 1985. Ada Tibaldi in Alasia, sposa di Guido Alasia e madre di Oscar e Walter Alasia.

Giuseppe Culicchia tiene in serbo queste pagine da più di quarant’anni. Perché la morte di Walter Alasia, al cui nome è legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, è una storia dolorosa che lo tocca molto da vicino: per il Paese è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai.

Circolo dei lettori
Fondazione Circolo dei lettori. Torino (estratto video – link)

Il tempo di vivere

Si adattava a dormire su un divano troppo corto per il suo metro e ottanta, ci aiutava a imbiancare la casa, era sempre pronto ad assecondare le mie richieste, a disegnare per me i personaggi dei fumetti che amavo, correre, giocare … Quando ripartiva, piangevo per giorni. Non vedevo l’ora che tornasse. Walter Alasia era anche questo.

Se ho cominciato a scrivere, molti anni fa, è stato per riuscire un giorno a raccontare chi era Walter, il ragazzo che è stato prima di quel 15 dicembre 1976. Con lui ho vissuto i giorni più belli della mia infanzia, che di fatto è finita quel giorno, quando tornando da scuola trovai la mia famiglia in lacrime davanti alla tv. Lui aveva 20 anni, io 11. Per mio padre e per mia madre Walter era come un figlio, per me e mia sorella un fratello.

Dialogo
Scrittori a teatro – Giuseppe Culicchia e Giorgio Bazzega – Il tempo di vivere con te (video – link)

Alasia

Giorgio Manzini racconta la storia di Walter Alasia e fa contemporaneamente un ritratto degli anni che hanno sconvolto la nostra esistenza. La scuola, la fabbrica, la grande industria, dove lavorava la madre di Walter, la media impresa, dove lavora il padre, le piazze, le strade di Milano, spesso teatro di scontri e di morte, fanno da sfondo, anzi sono le protagoniste della vita del brigatista rosso. Che cosa ha portato un ragazzo educato nel rispetto della moralità operaia che rifiuta il terrorismo e la violenza a impugnare le armi? Quali delusioni, quali miraggi hanno guidato la scelta di Walter?

Ceretti

In questo libro abbiamo provato a restituire la parola e a comunicare, attraverso di essa, la forza, il dolore, la ricchezza, la drammaticità dei vissuti e delle storie.
Una traduzione dell’esperienza in parola, la parola autorevole del Testimone: nella sua Voce parlano le ferite, i luoghi, gli attimi, il tempo sospeso, il passato eternamente presente che vuole essere lasciato alle spalle, ma non dimenticato, per consentire ancora alla vita di scorrere.
Parlano i percorsi, con la loro gradualità, gli sviluppi, i passi avanti e i ritorni, le battute d’arresto, le domande ancora aperte.
Abbiamo cercato di rendere fedelmente la parola nella sua esattezza.

La parola dà il volto.

Abbiamo perciò custodito le tracce dell’itinerario di ognuno, perché nulla andasse perduto, perché, anzitutto, la memoria di tutte le vittime fosse onorata e crescesse la comprensione delle ragioni per cui sono vissute e, per questa via, si aprisse la possibilità di consegnare con serenità al passato quelle storie, nella convinzione – scrive Paul Ricoeur – che il “troppo” e “non abbastanza” di memoria condividono lo stesso difetto, l’aderenza del passato al presente: il passato che non vuole passare […] è un passato che abita ancora il presente, o piuttosto che lo ossessiona come un fantasma senza distanza.

Milani Moro
Manlio Milani, Lectio Magistralis – Agnese Moro, Università del Perdono (estratto video – link)