
La tragedia presuppone colpa, necessità, misura, visuale, responsabilità.
Nel gran pasticcio del nostro secolo, in questo squallido finale della razza bianca, non si trovano più né colpevoli né responsabili. Non è colpa di nessuno, nessuno l’ha voluto, nessuno che c’entri.
La nostra colpa è troppo collettiva, siamo immersi troppo collettivamente nei peccati dei nostri padri, e dei padri dei padri. Noi non siamo che i deiscendenti.
Ma questa è la nostra disgrazia, non è una colpa: la colpa esiste solo ancora come prestazione personale, come atto religioso.
A noi si addice soltanto la commedia.

Dipingo come un bambino, ma non penso come un bambino.
Dipingo per la stessa ragione per cui scrivo: perché penso.
Anche quando scrivo non prendo le mosse da un problema ma da immagini, perché all’origine c’è sempre l’immagine, la situazione – il mondo.

I miei disegni non sono lavori in margine all’opera letteraria,
sono i campi di battaglia, disegnati e dipinti,
dove si svolge la mia lotta con la letteratura.
Io non mi occupo della bellezza del quadro
ma della sua possibilità.

ll pensiero di Dürrenmatt è sottile, attento e spregiudicato.
Siamo uomini, dobbiamo tenerne conto.
La nostra ragione rischiara il mondo non più dello stretto necessario.
Nel bagliore incerto che regna ai suoi confini si insedia tutto ciò che è paradossale.
Un altro grande romanzo giallo, o meglio, un antiromanzo giallo.
La promessa liquida infatti, con un massimo di crudeltà e di finezza, il genere poliziesco colpendolo proprio alla radice, cioè nella sua favolosa e assoluta razionalità.
Gli elementi di genere ci sono tutti, ma sono parodisticamente distorti, deformati come in uno specchio convesso.
La gente spera che almeno la polizia sia in grado di mettere ordine nel mondo, anche se non riesco a immaginare una speranza più miserabile di questa.
Ma tutti i romanzi polizieschi si basano su un inganno di ben altro tipo.
Non alludo al fatto che i vostri colpevoli vengono sempre puniti, questa bella favola è moralmente necessaria, fa parte delle menzogne che tengono in piedi lo Stato, come il buon vecchio motto «il delitto non paga», anche se basta osservare il consorzio umano per rendersi conto di come stiano davvero le cose.
Ma, ciò che davvero mi irrita nei vostri romanzi è la trama.
Qui l’inganno diventa clamoroso e troppo spudorato.
Le vostre storie sono costruite secondo logica, come in una partita a scacchi: il criminale, la vittima, il complice, l’approfittatore; basta che il detective conosca le regole e le applichi al gioco ed ecco che arresta il criminale e la giustizia trionfa.
Un imbroglio che mi rende furioso …
La promessa
Dürrenmatt si prenderà costantemente gioco della giustizia, fornendone spesso una visione distorta, divertendosi poi a fare intervenire il caso, l’imprevedibile, la coincidenza, mettendo così in ridicolo l’essere umano, che spesso è del tutto ignaro di quanto gli accade.

Il centenario di Friedrich Dürrenmatt e Leonardo Sciascia – Fonoteca nazionale svizzera e Centre Dürrenmatt Neuchâtel (video – link)

Nella nostra scienza siamo giunti ai limiti del conoscibile. Conosciamo alcune leggi esattamente definibili, alcuni rapporti fondamentali tra fenomeni incomprensibili, e nient’altro.
Tutto il resto, che è enorme, resta un mistero, impenetrabile all’intelletto.
Siamo giunti alla fine del nostro cammino. Ma l’umanità non ci è ancora arrivata.
Noi siamo avanzati continuamente, e adesso nessuno ci segue, ci siamo spinti nel vuoto.
La nostra scienza è divenuta terribile, la nostra ricerca, pericolosa, le nostre scoperte, letali. A noi fisici non resta che capitolare dinanzi alla realtà. L’umanità non può tener testa alla nostra scienza e rischia di perire per colpa nostra.
Dobbiamo revocare il nostro sapere, e io l’ho revocato.
I fisici, come i logici, non possono evitare il paradosso.
Un dramma che tratti di fisici deve essere paradossale.
Non può avere per obiettivo il contenuto della fisica, ma solo i suoi effetti.
Il contenuto della fisica riguarda solo i fisici, i suoi effetti riguardano tutti.
Ciò che riguarda tutti può essere risolto soltanto da tutti.
Ogni tentativo del singolo di risolvere per conto suo ciò che riguarda tutti è destinato a fallire.
Nel paradosso si rivela la realtà.
Friedrich Dürrenmatt – 21 punti su “I fisici”

Ci sono ancora storie possibili, storie per scrittori?
Non vi è più un dio che minacci, né una giustizia, né un fato come nella quinta sinfonia; ci sono solo incidenti stradali, dighe che cedono per un errore di costruzione, fabbriche di ordigni nucleari che saltano in aria per colpa di un tecnico distratto, incubatrici regolate male.
In questo mondo di panne conduce la nostra strada, al cui margine polveroso, accanto a cartelloni pubblicitari di scarpe Bally, di Studebaker, di gelati, accanto alle lapidi in memoria delle vittime del traffico, si intravedono alcune storie possibili, nel senso che dal volto di un uomo qualunque fa capolino l’umanità, un semplice contrattempo si dilata involontariamente a fenomeno universale, giudici e giustizia fanno la loro comparsa, e forse anche la grazia – per caso catturata e riflessa dal monocolo di un ubriaco.
Quattro pensionati – un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia – ammazzano il tempo inscenando i grandi processi della storia: a Socrate, Gesù, Giovanna d’Arco, Dreyfus.
Ma è certo più divertente quando alla sbarra finisce un imputato in carne e ossa: come Alfredo Traps, viaggiatore di commercio, che il fato conduce un giorno alla villetta degli ex uomini di legge.
Si ritrova fra quattro vecchi signori simili a «immensi corvi», che gli illustrano il loro passatempo. Traps è spiacente: non ha commesso, ahimè, nessun delitto.
Niente paura, lo rassicurano, un reato si finiva sempre per trovarlo.
Bisogna confessare, dunque: che lo si voglia o no, c’è sempre qualcosa da confessare.

Amici, l’Antichità è finita.
Evviva il Medioevo!
Roma, quinto secolo dopo Cristo. L’impero romano è allo sfascio. Romolo Augusto, erede suo malgrado dei fasti del passato, sembra quasi compiacersi della marcia trionfale che accompagna la calata dei germani verso Roma, sotto la guida di Odoacre.
È una commedia difficile, proprio perché sembra facile. L’appassionato di letteratura di lingua tedesca non saprà proprio come raccapezzarcisi, per lui, lo stile è ciò che ha un’intonazione solenne. Cosí non vedrà in Romolo altro che uno scherzo. Sarebbe un destino non inappropriato per Romolo stesso. Ha fatto la parte dello stupido per vent’anni, e nessuno si è accorto che la sua pazzia aveva un metodo. È una cosa che dovrebbe far riflettere. I miei personaggi si possono rappresentare solo in quanto persone. È una cosa che vale sia per gli attori che per i registi. L’attore deve scoprire l’umanità in ciascuno dei miei personaggi, altrimenti è impossibile recitarli. Vi è poi una difficoltà particolare in più per chi dovrà impersonare Romolo. Si guardi più attentamente l’uomo che ho disegnato, spiritoso, rilassato, umano, eppure in fondo un uomo che agisce con la massima durezza e brutalità e non ha paura di pretendere anche dagli altri principî assoluti; un tipo pericoloso, che mira alla morte; è questo l’elemento terribile di questo allevatore di pollame incoronato, di questo giudice del mondo travestito da buffone, la cui tragedia sta proprio nella commedia della sua fine.
ROMOLO: – Nella mia qualità di padre della patria sono probabilmente l’ultimo imperatore romano, e già per questo avrò un posto poco favorevole nella storia universale. Come che vada, non ci farò certo una bella figura. Ma c’è almeno una gloria che non voglio lasciarmi togliere: non si dovrà poter dire di me che ho disturbato inutilmente il sonno altrui.-
Romolo il Grande

Le scintille del pensiero – Friedrich Dürrenmatt (estratto video – link)

