Tabucchi a Lisbona in una foto del 2010

Spesso la pittura ha mosso la mia penna. Se in un lontano pomeriggio del 1970 non fossi entrato al Prado e non fossi rimasto «prigioniero» davanti a Las Meninas di Velázquez, incapace di uscire dalla sala fino alla chiusura del museo, non avrei mai scritto Il gioco del rovescio.
Lo stesso vale per l’enorme suggestione provata da bambino davanti agli affreschi del convento di San Marco, rivisitati spesso da adulto, che un bel giorno ritornò con prepotenza sbucando nelle pagine de I volatili del Beato Angelico.
Ma anche alcune pagine di
Tristano muore non esisterebbero senza il Cane sepolto nella sabbia
di Goya.
Goya - San Marco 

L’atto di scrivere è un modo, più o meno obliquo, di fare una confessione. La vita di uno scrittore si  misura con la sua capacità di immaginare, di creare altre vite e di dare vita a personaggi che prima non esistevano, come ha detto Gilles Deleuze. Lo stesso Pessoa ha scritto che tutto vale la pena se l’anima non è angusta. Quindi, nella vita di uno scrittore l’unica cosa interessante è la sua anima.

Piazza d'Italia

Volevo raccontare la Storia da parte di quelli che l’hanno fatta, ma non l’hanno potuta raccontare.
Questo libro è memoria, una memoria lunga che si oppone alla memoria breve dei mass media. Io ho sempre creduto nella letteratura come memoria.
Non mi resi conto, a quel tempo, che con questo libro sarei diventato uno scrittore.

Piazza d’Italia è ambientato a Borgo, un ipotetico paese toscano ispirato alla sua Vecchiano, che funge da teatro e osservatorio (da “piazza”) di una lunga tranche di storia d’Italia: dai movimenti anarchici di metà Ottocento al secondo dopoguerra.
La Storia dunque, o meglio la macrostoria raccontata attraverso la microstoria di una piccola comunità .

Una famiglia ribelle per temperamento e tradizione, si incarna, nell’arco di tre generazioni, in tre personaggi dai nomi emblematici: Garibaldo, Quarto e Volturno.
Una commistione di reale e fantastico e una particolare concezione del tempo: i morti si risvegliano e parlano, le finestre volano via dalle case del Borgo.

Si comincia con l’Unità, l’Italia bambina consegnata da Garibaldi al Re Vittorio Emanuele II.

– Chi sono quelli?- chiese Plinio tirando suo padre per la manica.
– È Garibaldi che consegna l’Italia al re. –
– E chi è Garibaldi? –
– È l’eroe dei due mondi. –
– E chi è il re? –
– È il nuovo padrone. –

Tabucchi 4

Eisenstein, un nome-chiave per la costruzione di Piazza d’Italia.
Per la storia di Borgo, anzi per “l’antistoria” come ama considerarla il suo autore, Tabucchi sceglie di applicare la lezione del montaggio delle attrazioni di Eisenstein.

Ho ritagliato con le forbici ogni “sequenza”, ogni “inquadratura” scritta sui miei fogli e ho posizionato il tutto sul pavimento piastrellato, montandolo per “dislocazione temporale”, “successione visiva”, “rima analogica”, “appello metaforico”, “corrispondenza sensoriale”, tanti collage che avevo scoperto leggendo le lezioni di Eisenstein.
È stato molto divertente e sembrava davvero un montaggio, con pezzi di carta al posto di pezzi di pellicola. Mi ci è voluta un’intera estate.
Sono rimasto molto colpito dal fatto che potessimo raccontare le storie esattamente come volevamo, senza tener conto di codici o regole, stravolgendo tutto.

Per quanto mi riguarda, credo di aver imparato più dal manuale di montaggio di Eisenstein che dalla grammatica narrativa di Todorov.

Una sorta di operazione di copia-incolla ante litteram.
Il montaggio analogico, unito alla tendenza a creare affreschi corali piuttosto che puntare su un protagonista, avvicinano la tecnica compositiva di Piazza d’Italia a quella messa in opera da Eisenstein.
Disarticolare e ripetere ritmicamente, dunque, come strumenti per amplificare e rendere epico il racconto.
La narrazione ne risulta fortemente frammentata in piccoli quadri significativi, simili a fotogrammi.
Piccoli frammenti che narrano eventi emblematici, intorno a cui la comunità rafforza la propria identità.
Se l’epica ha valore fondativo, infatti, diventa estremamente importante che la narrazione si configuri come patrimonio della comunità.

Eleonora Conti – Piazza d’Italia tra favola epica e Storia

Piazza
Il romanzo, lo spettacolo teatrale (video trailer – link)

Il regista Marco Baliani ha portato in scena la trasposizione teatrale di Piazza d’Italia, nel 2011, in occasione dell’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Nella piazza allestita sulla scena, perno attorno a cui ruotano tutte le vicende, spesso gli attori sono seduti e si passano la parola senza muoversi, come avviene in ogni piazza di paese, in una coralità di cui tutti sono spettatori e attori allo stesso tempo.
Questa coralità e circolarità non permette al tempo di muoversi ma lo costringe a riavvolgersi continuamente su se stesso, a sgocciolare per andare avanti. Ne deriva una staticità che non appare difetto della messa in scena, quanto elemento costitutivo di un testo costruito come i quadri dei cantastorie, come li definisce lo stesso Tabucchi.
La disposizione degli attori sulla piazza si fa così testimonianza fisica, spaziale, della circolarità di una storia in cui il destino dell’Italia è come quello della bambina della statua del paese che passa di mano in mano da Garibaldi al re, a Mussolini, alla Repubblica.