Ludmila

Quando le truppe naziste si avvicinarono a Mosca, centinaia di migliaia di persone furono sfollate, fra cui la famiglia di mia nonna.
È una parte della vita che veniva raramente evocata. Era meglio dimenticare che ricordare, per sopravvivere. Mia nonna con i bambini, tre anziani e un oggetto importante, la macchina da cucire Singer, che oggi è nel mio appartamento a Mosca, si trasferiva in Baskiria mentre suo marito, mio​ nonno Boris Ginzburg, scontava la sua condanna nell’Estremo Oriente, non lontano da Vladivostok.
Ma c’era, in quel luogo, a Baskiria, pure una macchina da scrivere, perché la nonna si guadagnava da vivere non solo cucendo vestiti per i vicini, ma anche battendo a macchina documenti.
Quella macchina nella leggenda familiare è diventata un simbolo di come affrontare le difficoltà della Storia.

Nella mia famiglia, gli arresti, le deportazioni, le tappe forzate, i pacchi da inviare in carcere […] erano eventi della nostra quotidianità.

Interview
Intervista con Ludmila Ulitskaya (estratto video – link)

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Quando avevo quarantacinque anni scrissi un pezzo intitolato La peste: era uno script con cui speravo di venire ammessa ai Corsi superiori di regia e sceneggiatura di Valerij Frid. Sono passati trentaquattro anni da allora e questo testo ha acquistato nuova, inattesa, attualità.

È il 1939, in URSS non sono ancora finiti gli arresti di massa, migliaia di persone la notte non dormono, temono di essere prese e portate via, e su questo sfondo appare il pericolo della peste vera: Pestis, infezione uscita da un laboratorio …
Le affinità con la situazione di oggi, poi, mi paiono evidenti.

L’epidemia di un morbo grave è lungi dall’essere un fatto nuovo nella storia dell’umanità. Non è un caso se appena iniziata la pandemia attuale, molti miei amici, indipendentemente l’uno dall’altro, hanno ripreso in mano tre libri: Il banchetto in tempo di peste di Puškin, il Decameron di Boccaccio e La peste di Camus.
I libri sono il deposito più sicuro della memoria umana.

In Russia ci sono eventi di cui a volte veniamo informati a posteriori, a volte mai.
Chi è a conoscenza che a Mosca, alla fine degli anni Cinquanta, fu scongiurata un’epidemia di colera? Solo gli specialisti.
Né la Russia fa eccezione: nella Francia del 1920 si tentò di tacere un’epidemia di peste esattamente allo stesso modo. Del virus influenzale che in quegli anni si diffondeva per tutto il mondo si era a conoscenza: della peste portata dai topi, sulle navi provenienti dall’Africa, quasi nessuno ne sapeva nulla.

Il nostro magnifico popolo – lo dico senza ombra di ironia – è abituato a che la verità non gli venga mai detta. La verità può venire ricostruita solo da chi sia in grado di riflettere e di pensare in modo autonomo. In un Paese abituato alla menzogna totale, una mezza verità appare quasi attraente. È più facile da riconoscere.

Tre scrittori


I russi si dividono in fautori di
Tolstoj o di Dostoevskij. Io appartengo ai tolstoiani.

Ma in ogni caso sia gli uni sia gli altri convergono su un punto: tutti senza eccezione amano Puškin, alcuni alla follia, altri più moderatamente.

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Presentazione dell’incontro – Book trailer (link)

Baricco

La resa senza condizioni al metodo scientifico ci ha resi incapaci di leggere il mito, di capire la sua produzione e perfino di dare valore alla sua presenza nella vita degli umani.
Ma solo civiltà in grado di riconoscere la produzione del mito, mettendola in rotazione con il lavoro di lettura della scienza, possono leggere il proprio destino correttamente. Con gli occhi della scienza si legge un testo privo di vocali. Erano così certe scritture arcaiche, poi rivelatesi insufficienti a dire il mondo.

 

 

Tamaro

 

Credevamo di essere onnipotenti e sbagliavamo. Gli anni della pandemia hanno costituito un grande reset, per tante certezze e tante convinzioni, e il risultato è un trauma collettivo. Dobbiamo ritrovare un filo di Arianna in ciò che abbiamo vissuto e usarlo per ricucire la trama della nostra convivenza, se vogliamo sopravvivere come specie.
Una riflessione profonda e necessaria sulla natura e sul nostro posto nel mondo.

Baricco (0)
Baricco legge Quel che stavamo cercando – Disegni di Gloria Pizzilli (video – link)

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La nostra civiltà è a un bivio. Corriere TV (video – link)

lungo il percorso

lungo il percorso

– Ho capito che tutta la tragedia degli uomini veniva dal fatto di non parlare un linguaggio chiaro.
Allora, per mettermi sulla buona strada, ho deciso di parlare e di agire in modo chiaro. Perciò dico che ci sono i flagelli e le vittime, nient’altro e che, per quanto possibile, bisogna rifiutarsi di stare dalla parte del flagello.
Certo, dovrebbe esserci una terza categoria, quella dei veri medici, ma di fatto non se ne incontrano molti, e dev’essere difficile.
Per questo ho deciso di stare dalla parte delle vittime, sempre, per limitare i danni.
In mezzo a loro posso almeno cercare come si arriva alla terza categoria, cioè alla pace -.
Dopo un po’ di silenzio, il dottore si tirò su e domandò a Tarrou se aveva un’idea di quale strada occorresse prendere per giungere alla pace.
– Sì, la compassione -.

La peste – Albert Camus