Sembra che io non riesca a fare a meno di scrivere storie che da una parte violano la disciplina del racconto breve e allo stesso tempo non obbediscono alle norme che regolano la costruzione del romanzo.
Io non penso ad una forma particolare, penso di più alla narrazione in sé.
Cosa voglio fare? Voglio raccontare.
Voglio che il lettore si meravigli non per quello che accade ma per il modo in cui accade.
E il racconto lungo è la forma più adatta a rendere ciò.

Il nodo cruciale della scrittura è avvicinarsi il più possibile alle persone, celebrarne il mistero. C’è un certo grado di amore nello sforzo di avvicinarsi alla verità.
Tutti sono straordinari. Non ho mai incontrato nessuno che possa dirsi ordinario.
La complessità delle cose – le cose dentro le cose – sembra essere senza fine.

E all’improvviso Alice Munro apre uno spiraglio bianco in un racconto.
In quel bianco trascorrono anni, decenni: un abisso allontana il presente e il passato; il tempo passa senza che nessuno se ne accorga; e noi avvertiamo, al tempo stesso, il senso della continuità e quello della lacerazione che formano il tessuto diseguale della nostra vita. Alice Munro parla a tutti e racconta le storie di tutti.
Pietro Citati, Lo spazio bianco e i racconti di Alice Munro


Alice Munro consuma le storie come fossero scarpe.

Ci cammina dentro, le porta lontano.
Ha lavorato per più di mezzo secolo sulle cose che aveva da dire senza abbassare mai di un millimetro il livello della qualità narrativa. Le sue frasi sono irregolari per lunghezza e andamento sintattico: spolpano la grammatica e saccheggiano il lessico del quotidiano in modi ogni volta diversi. Senza geometrie, a volte brusche, a volte dolcissime, come la vita.

Alice Munro costruisce i ponteggi intorno all’edificio di ogni racconto e poi, a un giro di frase, sfila tutto e lascia il lettore, e il traduttore, davanti alla storia nuda. Nessuno lo fa come lei.

Le 14 raccolte di racconti che ho tradotto per Einaudi e per il Meridiano Mondadori, sono state un’esperienza impagabile, la più coinvolgente che il mestiere mi abbia riservato.

Ho avuto il privilegio di seguire quel percorso per tanti anni e tante raccolte, di ritrovare talvolta anche la stessa storia scritta e riscritta alla luce di nuove consapevolezze, smascherata dall’autrice nei suoi facili espedienti. Non ho avuto bisogno di fare alcuno sforzo: Alice Munro è in contatto continuo con ciò che la muove a narrare e lo dichiara, che si tratti della sua ossessione per quella che definisce la “madre gotica”, o della geologia dell’Ontario, del tema della scomparsa, o delle voci roche e dei mormorii del suo privato perturbante. 

La motivazione espressa dall’accademia di Svezia nel conferirle il Premio Nobel la definisce maestra del racconto avvicinandone l’arte a quella di Čechov; con le sue centinaia di storie di misura generosa (dalle quindici fino alle oltre ottanta pagine).

Alice Munro ha creato un mondo immaginario che comunica l’essenza assoluta e profonda di luoghi reali (l’Ontario soprattutto, ma anche la piovosa Vancouver), di un tempo ( la seconda metà del ventesimo secolo) e di una galassia di donne, ragazze, bambine.
Susanna Basso

Nove racconti perfetti: la musica del quotidiano, il gioco smorzato dei sentimenti e delle allusioni.
Da Flannery O’Connor a Henry James, da Cechov a Tolstoj, non c’è un autore di racconti al quale Alice Munro non sia stata paragonata.
Ma la sua capacità di dipanare in un lampo l’irriducibile complessità della natura umana è incomparabile. Questi racconti possiedono la straordinaria capacità di trascinare il lettore nei meandri di una memoria che non è la sua per risvegliare emozioni che sono di tutti.

Una storia non è una strada da percorrere… è più come una casa. Puoi tornarci più volte, e la casa, la storia, contiene sempre di più di quando l’hai vista l’ultima volta.

Racconti densi come romanzi.
Nella narrativa di Alice Munro è il paesaggio geografico e culturale, a fare da sfondo.
Ciò che non dimentica mai è il paesaggio della sua infanzia.
La lingua di questa dettagliata geografia, di esterni e di interni, la lingua di Alice Munro, è in definitiva la lingua materna, quella impossibile da dimenticare, e difficile da ricordare.
Marisa Caramella