
C’è un lato simbolico, kafkiano nella mia scrittura. Parlo di metafisica da scrittore, non da filosofo. È questo il mio surrealismo. Ed è questa la mia libertà.
I miei modelli sono Kafka, Beckett, Camus.
Non sono bravo a raccontare gli oggetti, la mia scrittura non è abbastanza sensuale. Quindi è la luce che descrivo a dare la forma alle cose.
Mio padre parlava l’arabo alla perfezione e aveva molti amici palestinesi. Gli arabi sono sempre stati presenti nella mia vita. E siccome vivono in mezzo a noi il rapporto con loro è la chiave per costruire il futuro.
Quando quasi quarant’anni fa, cominciai a scrivere racconti, consideravo la scrittura come un’operazione complessa, difficile e comunque carica di significato e di responsabilità.
Forse i numerosi “insufficiente” che ricevevo al Liceo – e giustamente – per la trascuratezza stilistica dei miei temi, da un professore di lettere particolarmente pignolo, mi avevano in un certo modo intimorito.
Avevo idee in abbondanza e un’immaginazione fertile, ma accostare le parole in modo logico e rigoroso mi sembrava particolarmente problematico.
E quindi, dal momento in cui decisi che sarei stato uno scrittore, stabilii due regole alle quali attenermi: scrivere lentamente e con estrema attenzione, e dedicarmi solo alla narrativa senza lasciarmi tentare dal giornalismo.

Yehoshua intervista Yehoshua, 2008 (estratto video – link)
Buli era un uomo sempre in movimento, svelto, irrequieto, instancabile, curioso, versatile. Ogni volta che ci incontravamo o parlavamo, percepivo il suo entusiasmo, il brontolio del suo cuore che talvolta si trasformava in un vero e proprio ruggito, caricando di intensità e di potenza quei nostri momenti, sia su un piano emotivo che intellettuale.
Per decenni Buli ha arricchito le nostre vite. Con creatività infinita, con uno slancio letterario apparentemente senza sforzo, ci ha trasportato da una realtà ordinaria, consueta, quotidiana, persino banale, in luoghi immaginari, surreali e assurdi.
Con un unico battito delle ali della fantasia ci ha mostrato quanto la realtà – soprattutto la nostra, qui in Israele – è surreale.
Buli era consapevole delle nostre carenze, dei nostri fallimenti.
Per più di sessant’anni ha formulato i principi fondamentali del conflitto ma soprattutto, al di là delle parole, ha trasmesso la forza di non disperare, di non arrendersi, di riesaminare le proprie idee, di mostrarci sospettosi nei confronti di noi stessi quando la narrativa nazionale dimenticava che la nostra è una storia umana congelata che deve essere ripetutamente sciolta.
David Grossman – Addio Buli Yehoshua, amico mio, 14 Giugno 2022
I personaggi di Yehoshua vivono non soltanto nello spazio, ma anche nel tempo, sostenuti e sospinti da una forza narrativa calma e insieme incalzante, che quasi mai conosce le secche della stagnazione e sa inglobare senza stonature sia brani di discussione sia sentenze balenanti. Nelle sue pagine passa tutto ciò che concerne l’umano, col coraggio di porre le domande inquietanti, di “azzardare la parola mistero”, di scandagliare chi siamo, di interrogarsi sull’enigma del tempo, sull’esistenza dell’anima, sul senso della storia, e di tracciare la topografia tortuosa dell’amore e del dolore.
Claudio Sensi

Io non sono un messaggero venuto per ripartire subito, ma un responsabile delle risorse umane, ed è mio dovere attendere che l’ultima zolla di terra sia caduta sulla bara della mia dipendente prima di tornare nel luogo che per me rappresenta solo una amara realtà.
E se siete indecisi se adagiarla sul suo letto d’infanzia o in chiesa, e temete di pregare accanto a una salma che non è statua né effigie, collocatela nel frattempo nella scuola in cui ha studiato da bambina perché quello è il luogo in cui tutti attendono la propria madre.
Il responsabile delle risorse umane
