“Non ho trovato una persona, in dieci anni, con la quale parlare di letteratura. Non ho mai avuto il piacere di conoscere qualcuno che leggesse, figuriamoci scrivere.
Finii per leggere i miei versi ai libri che prendevo in prestito in biblioteca, recitandoli ai grandi poeti defunti, in modo che mi tenessero compagnia”.
Gli ci vollero diciassette anni di dittatura per incominciare a scrivere il suo primo romanzo [Hernán Rivera Letelier – ndr] che iniziò nel 1990; verrebbe da dire, quando il paese fu pronto ad ascoltare le storie tenute nascoste per tanto tempo.
Memorie del deserto – Ariel Dorfman
Penso che essere in esilio sia una maledizione e devi trasformarla in una benedizione.
Sei stato gettato in esilio per morire, davvero, per zittirti in modo che la tua voce non possa tornare a casa.
E così tutta la mia vita è stata dedicata a dire: non sarò messo a tacere.
Tradurre Dorfman è al tempo stesso entusiasmante e frustrante: entusiasmante per la straordinaria ricchezza della sua lingua, ma soprattutto per la sua capacità di coniugare il piano dell’impegno politico e civile con quello della riflessione sui luoghi più oscuri dell’animo umano.
Frustrante è invece la sensazione di non poter neppure tentare di rendere un aspetto saliente della scrittura di Dorfman: il romanzo è scritto in inglese, ma in filigrana si legge la trama del pensiero di un autore la cui lingua madre è lo spagnolo.
Fabio Cremonesi
Il 16 ottobre 1998 il mondo viene svegliato da una notizia sbalorditiva: l’ex dittatore cileno Pinochet è stato arrestato da Scotland Yard in attesa di essere estradato in Spagna.
Deve rispondere delle accuse di tortura e genocidio.
Comincia così uno dei processi più importanti del ventesimo secolo.
Lo scrittore Ariel Dorfman – che lascia il Cile proprio nel 1973 e vive i successivi venticinque anni in esilio – decide di seguire passo dopo passo il processo, cominciato in Gran Bretagna, proseguito in Spagna, in Cile e negli Stati Uniti, la nazione che ha forgiato il dittatore.
“Il diritto internazionale ha chiarito che certi tipi di condotta, tra cui la tortura e la detenzione di ostaggi, sono inaccettabili da parte di chiunque. Ciò vale tanto per i capi di stato, anzi a maggior ragione per essi, quanto per chiunque altro; la conclusione contraria ridurrebbe il diritto internazionale a una farsa”.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale e i processi di Norimberga, “nessun capo di stato potrebbe avere nutrito alcun dubbio riguardo alla sua personale punibilità qualora avesse partecipato ad atti considerati dal diritto internazionali alla stregua di crimini contro l’umanità”.
Lord Nicholls, 25 novembre 1998 – Camera Alta Westminster
Ora che il generale ha aiutato l’umanità a stabilire un precedente rivoluzionario, secondo cui un capo di stato può essere giudicato per crimini contro l’umanità da un qualsiasi tribunale del mondo che agisca per conto di quell’umanità offesa, non ci viene forse fornita un’altra straordinaria opportunità, quella cioè di processarlo da capo, qui e ora, fra le mura imbrattate di sangue di casa nostra?
L’autunno del generale – Ariel Dorfman
Termina dunque qui il mio viaggio, qui dove finisce la mia terra, dove finisce il deserto, qui ad Arica, questo porto all’estrema punta settentrionale del Cile.
Il deserto è sempre in agguato a ricordarvi le sue distanze: quella tra voi e le rocce che vi circondano, tra voi e la prossima, lontana comunità di uomini, tra voi e la vostra capacità di resistenza.
Sentire la sabbia e il vento rivendicare lo spazio che l’uomo ha osato violare.
Il deserto non v’illude sulla vostra possibilità di essere nient’altro che degli intrusi.
“Non avrei mai pensato” mi aveva confidato Lautaro “quando decisi d’interessarmi di archeologia, che le tecniche imparate per risalire al passato remoto dei nostri progenitori le avrei usate un giorno per ritrovare le ossa di uno dei miei compagni più cari.
E non sono l’unico; chiedilo a qualsiasi archeologo o antropologo in Cile.
Ognuno di loro sarà stato probabilmente coinvolto nella ricerca dei resti di amici o compagni di studi scomparsi durante la dittatura.”
Memorie del deserto – Ariel Dorfman
É la mia storia, la storia dei miei molti esili, dei miei tre paesi e delle due lingue, l’inglese e lo spagnolo, che hanno combattuto per conquistare la mia gola e che adesso si dividono i miei territori.
É la storia di due lingue, che ormai sono arrivato ad amare.
Infine, una notte meravigliosa, incontrai la Metamorfosi di Kafka e il suo Joseph K. e allora seppi che la letteratura poteva essere una preghiera e un modo per aprirsi una strada nella terra gelata.
É stata una donna anziana a deporre per prima, era così timida.
Parlava rimanendo in piedi.
«La prego, si sieda», le aveva detto il presidente della commissione che si era alzato per tenerle la sedia.
E lei si era seduta e aveva cominciato a piangere.
Poi ci ha guardato e ha detto: «É la prima volta, signore».
Suo marito era sparito da quattordici anni, lei aveva fatto migliaia di petizioni, aspettato centinaia di ore.
«É la prima volta — ha continuato — in tutti questi anni che qualcuno mi invita a sedermi».
Ariel Dorfman
Per un astronomo, il solo tempo che conta è il passato. La luce delle stelle impiega centinaia di migliaia di anni a raggiungerci. Ecco perché gli astronomi guardano sempre indietro. Verso il passato. Vale lo stesso per gli storici, gli archeologi, i geologi, i paleontologi e le donne che cercano i loro morti. Tutti hanno questa cosa in comune: osservano il passato per comprendere meglio il presente e il futuro.
La prima cosa concreta per me è il deserto, lo so bene.
Nel deserto ci sono molte cose interessanti, e questo è il punto di partenza.
Ci sono le mummie, i cadaveri degli esploratori, gli altri indigeni che ci abitano, i minatori, le donne, i cadaveri dei dispersi, quelli che le donne cercano nel film.
Qui c’è una congiunzione di elementi apparentemente contraddittori, ma molto interessanti … questo contrappunto di cose che vengono dalle stelle e dalla terra.
Patricio Guzman
Nostalgia de la luz (link – trailer)
ll cosmo e la storia, le vittime della feroce dittatura di Pinochet e quelle di un lavoro più antico, le fosse comuni in cui scavano i parenti delle vittime nel deserto di Atacama, che ha la terra rossa e arida come quella di Marte e le sepolture dei minatori ormai entrate nell’archeologia.
A tremila metri dal livello del mare, Guzmán condivide sia la passione degli astronomi, che dalle loro cupole esplorano il cielo più limpido e pulviscolare, sia la quotidianità terrestre di chi ha subìto la dittatura e vuole combattere l’oblio.
Un poema della storia, dunque e, forse, un poema.
Tullio Masoni
Capitolo quarto – Spagna, 1996: il processo della solidarietà (link – estratto video)
Un ricordo di Pablo Neruda e Salvador Allende.
“Notte e nebbia” è un eufemismo dall’opera Das Rheingold di Richard Wagner, citato da Adolf Hitler il 7 dicembre 1941 dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Alberich, indossa l’elmo magico, si trasforma in una colonna di fumo e scompare cantando “Nacht und Nebel, niemand gleich” (Notte e nebbia … subito nessuno).
Le cas Pinochet – Patricio Guzman