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schopenhauer

La dialettica eristica è l’arte di disputare, e precisamente l’arte di disputare in modo da ottenere ragione, dunque per fas et nefas (con mezzi leciti e illeciti).
Si può infatti avere ragione
objective, nella cosa stessa, e tuttavia avere torto agli occhi dei presenti e talvolta perfino ai propri.
Da che cosa deriva tutto questo? Dalla naturale cattiveria del genere umano.
Se questa non ci fosse, se nel nostro fondo fossimo leali, in ogni discussione cercheremmo solo di portare alla luce la verità, senza affatto preoccuparci se questa risulta conforme all’opinione presentata in precedenza da noi o a quella dell’altro: diventerebbe indifferente o, per lo meno, sarebbe una cosa del tutto secondaria.
Ma qui sta il punto principale …
… nei più, all’innata vanità si accompagna una loquacità e una slealtà connaturata.
Essi parlano prima di avere pensato, e se anche poi si accorgono che la loro affermazione è falsa e hanno torto, deve nondimeno apparire come se fosse il contrario.
L’interesse per la verità, che nella maggioranza dei casi è stato l’unico motivo per sostenere la tesi ritenuta vera, cede ora completamente il passo all’interesse della vanità: il vero deve apparire falso e il falso vero.

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L’arte di ottenere ragione è un trattatello che Schopenhauer portò a una redazione pressoché definitiva, senza tuttavia pubblicarlo. La stesura risale con ogni probabilità alla fine del periodo berlinese, intorno al 1830-31.
Cenni alla dialettica, e quindi osservazioni, note e materiali sull’argomento, che poi confluiscono nel trattatello, si trovano comunque in molti luoghi dell’opera schopenhaueriana … il rimando più significativo si trova in Parerga e paralipomena dove, nel capitolo su «Logica e dialettica» (tomo II, cap. 2, par. 26), viene ripresa la parte iniziale del trattatello, con l’esposizione dei primi nove stratagemmi.

Schopenhauer indica le ragioni che lo portarono a desistere dal pubblicare l’operetta quasi conclusa:
“Raccolsi gli artifici disonesti più ricorrenti nelle dispute, e rappresentai chiaramente ognuno di essi nella sua peculiarità, illustrandolo con esempi e attribuendogli un nome; infine aggiunsi anche i mezzi da adoperare contro quegli artifici, per così dire le parate contro quelle finte; e ne venne fuori una vera e propria dialettica eristica …

Nella revisione ora intrapresa di quel mio lavoro passato, trovo tuttavia che una trattazione così esauriente e minuziosa delle vie traverse e dei trucchi di cui si serve l’ordinaria natura umana per celare i suoi difetti non è più conforme al mio temperamento, e per questo la lascio da parte.”


E poco più avanti:
“Di questi stratagemmi dunque ne avevo messi insieme e sviluppati una quarantina circa. Ma mettermi ora a illustrare tutte queste scappatoie della limitatezza e dell’incapacità, sorelle della testardaggine, della vanità e della disonestà, mi dà la nausea; per questo mi fermo a questi saggi, e tanto più energicamente sottolineo le ragioni addotte sopra perché si evitino le dispute con persone come sono quasi tutti.”

franco volpi

Parerga 4

” … ora sorge subito il pericolo di spingersi troppo in là, di lottare troppo a lungo in cattiva fede, infine di ostinarsi e, cedendo alla cattiveria dell’umana natura, di difendere per fas et nejas, dunque perfino con l’aiuto di stratagemmi disonesti, la propria tesi, aggrappandosi ad essa mordicus. Qui ognuno sia protetto dal suo buon genio perché poi non si abbia a vergognare. Intanto una chiara conoscenza dell’argomento qui trattato contribuirà certamente a educare se stessi anche sotto questo riguardo.”

Houellebecq

In presenza di Schopenhauer non è solo un lavoro di commento: è anche il racconto di un incontro.
Verso i venticinque o ventisette anni – il che colloca la scena nella prima metà degli anni ottanta del secolo scorso – Houellebecq prende in biblioteca, quasi per caso a quanto pare, gli Aforismi sulla saggezza nella vita.
“All’epoca conoscevo già Baudelaire, Dostoevskij, Lautréamont, Verlaine, quasi tutti i romantici; anche molta fantascienza. Avevo letto la Bibbia, i Pensieri di Pascal, Anni senza fine, La montagna incantata. Scrivevo poesie; anziché leggere davvero, avevo già la sensazione di rileggere; pensavo quantomeno di aver concluso un ciclo della mia scoperta della letteratura. Poi, nel giro di pochi minuti, tutto è cambiato.”
Sconvolgimento definitivo: il giovane corre per tutta Parigi, con foga febbrile, per scovare infine una copia del Mondo come volontà e rappresentazione, improvvisamente diventato il libro più importante del mondo; e anche questa nuova lettura, dice, cambia tutto.

agathe novak-lechevalier

Nietzsche elogia la profonda onestà di Schopenhauer, la sua probità, la sua rettitudine; parla magnificamente del suo tono, di quella specie di bonomia ruvida che fa venire la nausea per gli eleganti e gli stilisti.
Ecco dunque, a grandi linee, lo scopo di questo libro: cercherò di dimostrare, tramite alcuni dei miei passi preferiti, perché l’atteggiamento intellettuale di Schopenhauer resta ai miei occhi un modello per ogni filosofo futuro; e perché, pur se in fin dei conti ci si trova in disaccordo con lui, non si può non provare nei suoi confronti un profondo senso di gratitudine.
Poiché, per citare di nuovo Nietzsche, “per il solo fatto che un uomo simile abbia scritto, il fardello di vivere su questa terra si è alleggerito.”

michel houellebecq – in presenza di schopenhauer

Onfray

La filosofia di Schopenhauer propone una visione del mondo pessimistica che informa di un nero magnifico il grosso volume intitolato Il mondo come volontà e rappresentazione.
Ma, cosa che viene detta più raramente, essa si compone anche di una luce che squarcia questa oscurità e impedisce che la negatività travolga tutto.
Testimoniano in questo senso la lettura degli Aforismi sulla saggezza della vita, una parte importante dei Parerga e Paralipomena, altro grosso volume, ma anche quella di un’opera misconosciuta e singolarmente negletta, L’arte di essere felici.
L’opera di Schopenhauer presenta dunque due facce che sarebbe dannoso separare.
Queste due facce, infatti, permettono al filosofo di pensare un mondo (tragico) pur vivendo una vita (felice).

michel onfray – schopenhauer e la «vita felice»

Nietzsche scopre l’opera più importante del filosofo nella vetrina di una libreria verso la fine di ottobre del 1865.
Entra, sfoglia, resta affascinato, compra il libro, rientra nella sua stanza e legge ininterrottamente, preso da furia estatica, concedendosi quattro ore di sonno a notte per undici giorni.
Per evitare di esplodere mentalmente sotto il colpo delle violenze intellettuali inflitte da questa apparizione, compone un… Kyrie!
Ai suoi interlocutori, parla allora della scoperta di un… padre.
Trova infine con questo libro una base su cui fissare saldamente il suo essere.
Finalmente una visione del mondo senza Dio, coerente, che lascia all’arte un posto importante nei dispositivi possibili di salvezza.

michel onfray – verso nietzsche

Verrecchia

Così dobbiamo accontentarci del poco materiale che abbiamo e cercare di intuire ciò che manca.
Detto altrimenti, dobbiamo muoverci a tastoni come i coleotteri con le loro antenne.
Spero di essere riuscito a muovermi sempre nella direzione giusta.
Io ho cercato solo di ricostruire, su base storica e filologica, i due soggiorni che Schopenhauer fece in Italia.
Le citazioni, me ne rendo conto, possono forse sembrare troppe; ma non se ne poteva fare a meno.
Ho fatto comunque del mio meglio per cucirle insieme con refe sottile, in modo che non si vedessero né smagliature né rattoppi.
In altre parole, ho fatto il sarto
 filo-logico.
Non dimentichiamo che Schopenhauer amava vestire elegantemente e che mandarlo in giro con i calzoni stracciati sarebbe un crimine.

anacleto verrecchia – prefazione

Con il passare degli anni, il filosofo divenne sempre più espansivo, e le testimonianze di quelli che ebbero la fortuna di frequentarlo, soprattutto nell’ultimo decennio della sua vita, costituiscono una vera e propria biografia dal vivo.
Tali testimonianze sono state raccolte e pubblicate con il titolo di Gespräche (colloqui).
Sentiamo anche il musicista Robert von Hornstein:
«Sapevo che Schopenhauer pranzava all’una. Pregai il cameriere di mettermi vicino a lui e ardevo dalla curiosità di vedere, finalmente, quell’uomo meraviglioso. A un tratto entra, con passo svelto, un elegante uomo anziano, passa in rassegna con lo sguardo gli avventori e si mette a sedere vicino a un giovane che lo saluta molto gentilmente […]. Egli diventava sempre più vivace e loquace con il procedere della table d’hôte, ed era una buona forchetta. Tutti i suoi movimenti avevano qualcosa di giovanile, e di tanto in tanto egli scoppiava in una sonora risata».
Grazie alla sua potente fantasia, Schopenhauer rideva anche da solo:
«Credo bene che si annoiano quando sono soli: non sanno ridere da soli, anzi lo ritengono una cosa da pazzi. Ma il ridere è forse un segnale per gli altri? Un semplice segno come la parola? Non saper ridere da soli è prova sicura di una fantasia debolissima».
Infatti è proprio il riso che distingue l’uomo intelligente dal bruto, sia esso a quattro o a due zampe.

anacleto verrecchia – venezia (parte prima)

video racconto schopenhauer
arthur schopenhauer video racconto (estratto – link)

Film

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