Chico Buarque de Hollanda – Il fratello tedesco
” [ … ] le pareti erano fatte di libri, senza il loro supporto le case come la mia sarebbero crollate, case dove c’erano scaffali che andavano dal pavimento al soffitto persino in bagno e in cucina. Ed era nei libri che io mi puntellavo, fin da quando ero molto piccolo, nei momenti di pericolo reale o immaginario, come ancora oggi in quelle circostanze incollo la schiena alla parete quando mi prendono le vertigini.”
La città di San Paolo degli anni sessanta e la dittatura militare, la Germania di Weimar e la Germania dell’Est del dopoguerra, tra autobiografia e finzione, frammenti sparsi di memoria e l’uso della propria biografia come ricostruzione letteraria.
Una linea sottile tra realtà e finzione: ciò che è accaduto, la possibilità di ciò che avrebbe potuto essere e la creazione di un’altra realtà credibile, poiché tutto ne Il fratello tedesco è narrato da un personaggio immaginario.
Oggi tu sei quello che comanda
Va bene così, non c’è discussione
La mia gente oggi cammina
Parlando di nascosto
E guardando per terra, vedi
Tu che hai inventato questo stato
E ti sei inventato di inventare
Tutta questa oscurità
Tu che hai inventato il peccato
Ti sei scordato d’inventare il perdono
Chico Buarque, 1970
“Il fratello tedesco – O Irmão Alemão” book trailer
Site da Companhia das Letra: primeira parte – segunda parte – terceira parte
Chico Artista Brasileiro – O irmão alemão extrato video
Video sottotitolato concesso dall’Associazione Vagaluna (link)
Lungo il percorso
Con una prosa splendida e poetica, Chico Buarque avvolge i suoi lettori e li seduce in un labirinto di simboli. Come in un’illustrazione di Escher, dove una mano disegna l’altra, il libro è pervaso dal tema del doppio, dello specchio: Buda e Pest divise dal Danubio. Anonimi ghost writer e scrittori famosi sotto le luci dei riflettori, la scrittura come dono ma anche come incubo. La fredda Budapest e la solare Rio. E ancora il bilinguismo come metafora di una personalità divisa, ambigua, che rinvia all’enigma dell’identità.
‟Chico Buarque ha osato molto; ha attraversato l’abisso su di un filo ed è arrivato dall’altra parte.”
José Saramago
‟Forse il più bello dei tre romanzi di Chico, Budapest è un labirinto di specchi e la risoluzione non nasce dalla trama ma dalle parole, come in poesia.”
Caetano Veloso
“Io a Budapest non ci sono andato. Ho sognato quella città. Perché sarebbe molto pretenzioso scrivere un libro su Budapest soggiornandovi per due o tre mesi. Non si può capire una cultura così diversa dalla nostra. Bisogna viverla come fa lui, José Costa. Io Chico non potevo farlo. La lascio sul piano dell’immaginario: nomi inventati, posti che non esistono.
Credo ci sia sempre di più, con la globalizzazione, la necessità di un’affermazione dell’individualizzazione. Una lotta contro quest’universalizzazione della cultura. Ma il libro non ha un’intenzione politica o didattica. Con questo libro voglio solo fare letteratura.
E’ una sorta di eroe, vive controcorrente [ … ] fa dell’anonimato la sua vita, non vuole essere fotografato, riconosciuto, non vuole il successo. E’ quasi un pazzo, vive con disagio in questo mondo, ma io lo capisco benissimo, io sono solidale con lui. Perdonatemi se ho dovuto punirlo in nome della realtà.”
Chico Buarque, 10/02/2005
Trio esperança, Omara Portuondo, Chico Buarque – O qué será
Toquinho, Quarteto em Cy, Chico Buarque – Samba pra Vinicius
Chico non è solo un brillante artista popolare. È il più espressivo gesto culturale lasciato dalla generazione che intorno al 1964 aveva vent’anni. […] Chico fu quello che seppe approfittare delle difficoltà e delle sfide di un’epoca per creare un’estetica, elaborare una stilistica e plasmare una strategia propria per costruirci un’opera che, per la sua qualità e per la sua quantità, difficilmente si ritrova nelle altre arti del Paese. […] Chico non è il cantore di false promesse, ma il tenace cantore della speranza. Forse per questo la sua strategia della resistenza culturale, nonostante riconoscesse i propri limiti, non si piegò ad accettare la tentazione conformista di una “estetica del silenzio” o dell’obliquo” o della “deviazione” o della “omissione” o della “adesione”, che furono tanto di moda […] l’opera di Chico ha tanti momenti di genialità, che si scopre essere da sola un’antologia della nostra musica popolare.