UN VIAGGIO NELL’EST EUROPA SULLE TRACCE DI PRIMO LEVI
Siamo partiti pensando di andare incontro al futuro e al tempo stesso di rivedere il passato con gli occhi dell’oggi. Noi non sappiamo cosa ci attende; ci siamo detti, tuttavia, talvolta si può intravedere il futuro attraverso il passato, come ha insegnato Walter Benjamin: il futuro del passato. Abbiamo steso un piano di lavoro, un itinerario che serviva per le riprese dei luoghi come sono oggi, a sessant’anni di distanza dal passaggio di Primo Levi. […]
Siamo ripassati negli stessi luoghi, per le medesime città e campagne, vedendo però, di volta in volta, cose e persone diverse.
Un film girato sulla strada, seguendo il caso e la necessità.
La nostra Musa – la mia Musa – è stata l’occasione, come capita in ogni viaggio.
Solo a lavoro finito mi sono accorto che l’andamento complessivo di questo libro è a spirale: un piccolo vortice che inanella le cose e le avvolge piegandole verso il medesimo punto, in modo da dare l’impressione di girare in tondo, anche quando non è così.
Una volta rilette le pagine, mi sono accorto che la figura di Primo Levi prendeva sempre più corpo, diventava sempre più reale; da un certo momento in poi, ho compreso che era diventato il mio compagno di viaggio, non meno reale e presente di quelli con cui condividevo le lunghe trasferte attraverso le pianure dell’Europa centrale.
Sedeva vicino a me, o sul sedile posteriore, silenzioso, mentre rileggevo le sue pagine, mentre giravamo il film, mentre mi mettevo al computer per trascrivere gli appunti presi.
Sono dieci anni che i libri di Primo Levi sono sul mio scrittoio, che entrano ed escono di continuo dalla libreria di casa, delle case dove ho abitato.
Stamattina ho intenzione di congedarmi. Di più: ho deciso di accompagnare Primo Levi a casa sua, a Torino, in corso Re Umberto 75.[…]
La prova – Marco Belpoliti
Lungo il percorso
Ritroviamo in queste pagine il gusto di Primo Levi per il ritratto conciso alla maniera dei moralisti: il Greco, ligio al suo straordinario codice anarchico e mercantile; Cesare, figlio del sole, amico di tutto il mondo, che persegue con grande senso pratico i suoi propositi folli; il Moro di Verona, il grande vecchio blasfemo che sembra uscito dall’Apocalisse; Hurbinek, il bambino nato ad Auschwitz, che non aveva mai visto un albero.
Sotto questi due segni si svolge l’intero arco del libro: il perdurare, sotto certi aspetti palesi o segreti, della pestilenza che aveva prostrato l’Europa; e la scoperta di una nuova Russia, vista di prima mano e dal di dentro, volta a volta ridente o tragica, picaresca o epica o oblomoviana, lontana da ogni schematismo ideologico, assai più vicina alle rappresentazioni di Puskin, di Gogol’ e di Tolstoj.
Italo Calvino
La tregua letta da Valentina Carnelutti
Ieri, caro Primo, era una giornata splendida di primavera e le api raccoglievano polline e nettare dai crochi e dalle eriche. Ho visto il ritorno delle prime rondini e il bosco risuonava dei canti degli uccelli in amore.
Ma io piangevo perché tu te n’eri andato.
Oggi il cielo è velato e un temporale gira per le montagne. Ma non piango più perché ho nel cuore il tesoro che tu mi hai lasciato e che mi aiuta a essere meno stupido e meno cattivo. Ciao Primo, arrivederci tra quelle nostre montagne nascoste [ … ]
Mario Rigoni Stern, Valgiardini 12 aprile 1987

La strada di Levi – Intervista a Davide Ferrario e Marco Belpoliti (video)
Cosa ci aspetta non lo sappiamo, ma talvolta il futuro si può scorgere attraverso le domande che il passato ha lasciato senza risposta.
Così, a sessanta anni esatti di distanza, abbiamo attraversato l’Europa trasformata dal crollo del Muro di Berlino.
Con i nostri occhi e le sue parole, ci siamo rimessi in viaggio sulla strada di Levi.
La strada di Levi – incontro con Andrzej Waida (video)
Per quanto riguarda Wajda, c’era in gioco anche un elemento personale.
Lo conosco addirittura dagli anni Settanta, quando con una cooperativa di distribuzione, la LabOttanta Film, avevamo distribuito L’uomo di marmo.
Avrò avuto ventitré o ventiquattro anni, e così come per tanti allora c’erano i miti della Route One in America, o di certi Orienti, per me la patria dell’immaginario era Nowa Huta, che avevo conosciuto nell’ Uomo di marmo.
Esserci tornato a quasi cinquant’anni è stato un colpo … Era un luogo dell’immaginario, un luogo cinematografico. Per me era come la Monument Valley di John Ford, come i pellirossa, era l’assoluto immaginario … Era epico [ … ]
A Nowa Huta siamo arrivati di sabato e il sabato non volevano aprire la fabbrica, a meno che non venisse Wajda. Poi Wajda è arrivato e le porte si sono aperte.
Una conversazione con Marco Belpoliti e Davide Ferrario a cura Andrea Cortelessa
La scrivania su cui scrivo occupa, secondo la leggenda familiare, esattamente il punto in cui io sono venuto alla luce.