Maggiani Maurizio

 

“E poi, diciamolo subito, Maggiani è divertente, ha il genio del comico e del grottesco, sa magnificamente impastare scene e figurine che paiono venire da una tradizione bozzettistica anche illustre, Palazzeschi ad esempio, come dall’Italia filmica di quaranta o trent’anni fa, Zavattini o Fellini, con impianti narrativi ed affondi stralunati che perforano la pagina e lasciano a disagio chi ha ancora viscere da lasciarsi mettere a disagio.”

Franco Fortini

 

Io sono nato in una famiglia di contadini miserabili, contadini senza terra.
Per me l’acqua, la grande acqua, non è la Magra ma il Canale Lunense.

Alla Magra andavamo soprattutto per tirare i sassi e per sputare, se era possibile, 
ai “milanesi” che arrivavano negli anni Cinquanta a fare le loro vacanze lì.
Tra i cosiddetti “milanesi” posso citare Giulio Einaudi, Palmiro Togliatti, Franco Fortini, Vittorio Sereni, questa “cream” della Cultura europea che aveva colonizzato il nostro fiume.
Noi stavamo di qua dal fiume, non potevamo convivere con loro.
“Nostro” era il Canale Lunense.

Il Canale Lunense, per casa mia, significava l’acqua, ma non l’acqua “tanto per dire”.
Il Canale Lunense significava mio nonno che tornava con la bicicletta e un tale di nome Serafino che apriva una grossa saracinesca per permettere all’acqua, grazie alla sapiente costruzione di una serie di vie, viuzze e viottoli, di irrigare (per non più di due ore) tutti i filari, i vivai, le piante, gli alberi e i fiori che avevamo nella nostra terra.

Era un disegno misterioso, ma bastava poi che l’acqua arrivasse per far emergere la sua concretezza, la sua bellezza materiale, una bellezza che derivava dall’acqua che irrompeva, o meglio, che entrava, che si concedeva con una sapientissima organizzazione delle forze dovuta proprio all’ingegneria di queste vie.
L’acqua non doveva debordare, non doveva essere violenta, non doveva essere né troppo lenta né troppo veloce.
E io lì con i piedi nudi a cercare di non rompere questo delicatissimo disegno.
Io ho camminato tutta la mia infanzia sul ciglio di questo canale, a fare cosa?
A guardare l’acqua, a guardare l’acqua che si pagava […]

Acqua, fiume e memoria: il “paesaggio raccontato” – Maurizio Maggiani

 

3. coraggio pettirosso

La storia che ho finito di raccontare vive con me da parecchi anni.
Come spesso succede, all’inizio era tutta un’altra cosa, voleva essere tutta un’altra storia; poi, piano piano, si è fatta come voi l’avete letta.
Delle sue origini conserva molte cose, spesso sommerse, ma nessuno tra quelli che ne hanno ascoltato i miei primi racconti saprebbe riconoscerla [ … ]

Ciò che di visibile è sicuramente rimasto è un uomo: Gian Luigi Pascale, il bruciato vivo.
E’ cominciato tutto da lui; come nel racconto ogni cosa ha avuto inizio dalla nota spese
– autentica – del suo rogo.
Quel documento io l’ho trovato in un libricino che racconta un’altra storia, distante, ma non poi molto, dalla mia.
La vicenda di un predicatore che da Ginevra si spinge fino alle Calabrie, nel bel mezzo del sedicesimo secolo, per predicare la sua fede. La fede dei valdesi.
Un uomo molto coraggioso, Gian Luigi Pascale, un uomo da bruciare.

E se è vero che l’autore di un libro non è mai solo e semplicemente quello che appare nel frontespizio, io devo riconoscere innanzitutto come coautori, e spero che non ne siano offesi, i fratelli della comunità valdese delle valli del Pellice, tutte quelle persone che pazientemente e dolcemente mi hanno parlato delle loro storie, mi hanno spiegato, mi hanno ascoltato.
Loro, perseguitati per quasi mille anni e a migliaia bruciati e torturati, hanno voluto bene a un miscredente, tanto da offrirgli il meglio: la loro fraternità.

E altri ancora hanno scritto questo libro con me, ed è bene che vengano ricordati con nome e cognome perché io per primo me li stampi bene in testa, ora che è tutto finito e incomincia l’inevitabile distacco da questo mio lavoro ormai passato [ … ]

Poi un giorno ho messo mano alle cose lasciate da mio padre e ho trovato il libro di quell’Ungaretti. [ … ] Quando il cipriota prese il forno, mi passò un involto con la roba che aveva trovato nel cassetto del banco di vendita.
L’avevo tenuto senza nemmeno darci un’occhiata, e un paio di mesi dopo me lo sono ritrovato per le mani. Così l’ho aperto e tra le carte ne è venuto fuori quel libro.
Era un libro non grande né spesso che mi si è spalancato tra le mani dando alla luce pagine rugose e giallognole. Nella pagina del frontespizio c’era scritto:
IL PORTO SEPOLTO
          Poesie di
 Giuseppe Ungaretti

[ … ] Avevo la sensazione di essere stato preso nella trappola di parole di un mago ipnotizzatore. Parole che oltretutto non avrei dovuto capirci niente, ma che invece mi pareva di capire. Oppure di essere capito, se preferite. Una poesia era intitolata “Finestra sul mare” e un’altra il “Porto sepolto” [ … ]

Il coraggio del pettirosso – Maurizio Maggiani

 

Ungaretti, Il Porto Sepolto e la poesia (video – link)

“La memoria a me pareva, invece, un’àncora di salvezza: io rileggevo i poeti, i poeti che cantano. Non cercavo il verso di Jacopone o quello di Dante, o quello del Petrarca, o quello di Guittone, o quello del Tasso, o quello del Cavalcanti, o quello del Leopardi: cercavo in loro il canto.”

Giuseppe Ungaretti

 

Lungo il percorso

Mauri Mauri

“Io non ho il tempo per essere in una qualsiasi storia e non penso nemmeno che lo vorrei. Non ho da turbare le simmetrie del mondo, non lascio per la strada tracce che uno debba rovistare e capire, non lascio niente da fare. Dunque, la mia vita è felice.”

L’eco della memoria, che risuona fin dal titolo come con quell’iterazione diminutiva e dolcissima, evoca gli eventi di una straniata educazione sentimentale, calamitando il battito d’ala del dialetto e un brulicante gioco di prestiti colti, citazioni, inserti. Il risultato – di limpida affabilità – è un impasto lirico, un narrare ispirato, una tonalità epica di canto [ … ]

“Credo che di libri come questo, di così vigoroso sprezzo delle mode e di così acuta modernità, ce ne siano pochissimi [ … ]
Quest’opera leggerissima, aerea e gaia, ha talvolta, spettrale, la trasparenza dell’alabastro”.

Franco Fortini

 

Il romanzo della nazione

“Avevo in mente di scrivere il Romanzo della Nazione, questa era la mia ambizione, ma disgraziatamente lo scorso inverno è morto mio padre”

Maggiani non è fatto per il romanzo storico ma ha il passo erratico del narratore orale …
Il fatto è che a Maggiani le trame interessano poco.
Ciò che davvero gli sta a cuore sono le vite, e siccome ogni vita ne sfiora molte altre, per tenere dietro a tutte non serve un meccanismo narrativo in cui tutto fili liscio, ma una narrazione rapsodica, policentrica, digressiva, disposta a lasciarsi lambire dall’infinita varietà delle esperienze e al tempo stesso capace di imbastire con tutti quei fili provvisori la rete della memoria collettiva di una comunità.

Maurizio Maggiani

Zoppicando, dall’altra parte del mondo, dalla parte dell’alba (video – link)

 

Risorgimento senza memoria

Risorgimento senza memoria ( estratto video – link)