– L’eclissi avrà come conseguenza – disse Sheerin senza esitare – la pazzia.-
Nella stanza cadde improvvisamente il silenzio.
Infine Athor disse: – Lei dunque prevede che tutti gli uomini impazziranno?
– Con ogni probabilità, sì. Buio ovunque, follia ovunque. Credo che gli uomini saranno colpiti in misura diversa, da una depressione e uno smarrimento passeggero fino alla completa e permanente perdita della ragione. –
Notturno (Nightfall, 1990) Isaac Asimov & Robert Silverberg
Asimov, durante gli studi universitari, si era cimentato nella scrittura di racconti per la rivista di fantascienza Astounding science fiction diretta da John W. Campbell.
Nightfall pubblicato nel 1941, venne giudicato nel 1968 come il miglior racconto di fantascienza, da parte del comitato americano degli scrittori (Science Fiction Writers of America), scritto prima dell’istituzione del Premio Nebula.
Pare che l’idea del racconto nacque dalla discussione tra Asimov e l’editore Campbell a proposito di una citazione del filosofo Ralph Waldo Emerson: “Se le stelle apparissero una sola notte ogni mille anni, gli uomini potrebbero credere e adorare, e serbare per molte generazioni la rimembranza della città di Dio”.
Emerson si era posto una questione del tutto filosofica partendo però da un’ipotesi scientifica: un mondo in cui il cielo fosse fatto di una lunga oscurità, in cui fosse possibile vedere le stelle solamente una notte ogni mille anni.
Asimov nel suo racconto si serve della speculazione scientifica per fare della fantastoria e rispondere al quesito di Emerson con una conclusione diametralmente opposta: “Cosa accadrebbe se gli uomini potessero vedere le stelle una sola volta ogni mille anni? Impazzirebbero.”
Giulia Andronico, Pensare con la fantascienza
Dal racconto Nightfall, tradotto in italiano anche con il titolo Cade la notte e pubblicato per la prima volta nel 1962, è stato tratto nel 1990 il romanzo omonimo, scritto in collaborazione con Robert Silverberg. La prima parte del libro ripercorre, ampliandola, la trama del racconto.
AL LETTORE
Kalgash è un mondo alieno e non è nostra intenzione farti pensare che sia identico alla Terra, anche se descriviamo la sua gente mentre parla una lingua che puoi capire e usa termini che ti sono familiari.
Quelle parole dovrebbero essere intese come meri equivalenti di termini alieni, cioè un insieme convenzionale di equivalenti dello stesso tipo che usa uno scrittore di romanzi quando ha personaggi stranieri che parlano tra loro nella loro lingua ma tuttavia trascrive le loro parole nella lingua del lettore.
Quindi, quando la gente di Kalgash parla di miglia, o mani, o macchine o computer, intende le proprie unità di distanza, i propri arti, i propri dispositivi di trasporto terrestre, i propri elaboratori elettronici, etc.
I computer usati su Kalgash non sono necessariamente compatibili con quelli usati a New York o Londra o Stoccolma, e il miglio che usiamo in questo libro non è necessariamente l’unità americana di 5.280 piedi.
Ma sembrava più semplice usare questi termini familiari per descrivere gli eventi di questo mondo completamente alieno piuttosto che inventare una lunga serie di termini interamente kalgashiani.
In altre parole, avremmo potuto dirti che uno dei nostri personaggi si è fermato per allacciarsi i suoi quonglish prima di intraprendere una passeggiata di sette vork lungo il gleebish principale del suo znoob nativo, e tutto avrebbe potuto sembrare molto più alieno.
Ma sarebbe stato anche molto più difficile dare un senso a quello che stavamo dicendo, e questo non sembrava utile.
L’essenza di questa storia non è nella quantità di termini bizzarri che potremmo aver inventato; si trova, piuttosto, nella reazione di un gruppo di persone un po’ come noi, che vivono in un mondo che è un po’ come il nostro, in tutto, tranne che per un dettaglio particolare, mentre reagiscono ad una situazione difficile che è completamente differente da qualunque altra cosa, con la quale la gente di Terra abbia mai avuto a che fare.
Date le circostanze, ci è sembrato meglio dirti che qualcuno si è messo le scarpe da trekking prima di intraprendere una passeggiata di sette miglia piuttosto che riempire il libro di quonglish, vork e gleebish.
Se preferisci, puoi immaginare che nel testo ci sia vorks dove dice miglia, gliizbiiz dove dice ore e sleshtraps dove dice occhi. Oppure puoi inventare i tuoi termini. Vorks o miglia, non farà differenza quando usciranno le Stelle.
Notturno (Nightfall, 1990) Isaac Asimov & Robert Silverberg